Amministrativo

La Consulta: lecito estromettere Autostrade dalla ricostruzione

di Giovanni Negri

In una giornata caratterizzata dalle polemiche per l’affidamento ad Autostrade della gestione del nuovo Ponte di Genova, almeno fino alla revoca della concessione, arriva a sera il comunicato della Corte costituzionale che considera legittima l’esclusione della società da tutta l’opera di costruzione. Una decisione che complica certo il percorso per chi, all’interno della maggioranza, punta ancora a un accordo con Aspi.

Le motivazioni saranno depositate solo tra qualche tempo, ma intanto la Consulta fa sapere che la decisione del Governo di non affidare ad Aspi la ricostruzione del Ponte Morandi si giustifica per l’eccezionale gravità della situazione, tale da spingere l’Esecutivo, in via precauzionale, a non coinvolgere nei lavori proprio la società che era incaricata della manutenzione del Ponte stesso.

Ne trae soddisfazione il premier Giuseppe Conte che, dalla Spagna, fa sapere come la sentenza della Consulta «ci conforta sulla piena legittimità della soluzione normativa che a suo tempo venne elaborata dal Governo». Gli fa eco il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, per il quale «la Consulta ci ha dato ragione, non era illegittimo estromettere i Benetton dalla ricostruzione del Ponte di Genova. Adesso pensiamo a fare giustizia per le famiglie delle 43 vittime».

Ieri sul tavolo della Corte erano approdate le questioni sollevate dal Tar della Liguria su numerose disposizioni del decreto legge n. 109 del 2018 (Decreto Genova) emanato dopo il crollo del Ponte Morandi. Il decreto ha affidato a un commissario straordinario le attività di demolizione integrale e ricostruzione del Ponte, oltre all’espropriazione delle aree interessate. Inoltre, al commissario è stato affidato il compito di individuare le imprese affidatarie, impedendogli di rivolgersi alla concessionaria Aspi e alle società da lei controllate o a lei collegate. Infine, il decreto impugnato ha obbligato Aspi a sostenere tutti i costi relativi, sia sul fronte della ricostruzione sia su quello degli espropri.

La Corte ha giudicato infondate le questioni sollevate sull’esclusione di Autostrade dalla procedura negoziata per la selezione delle imprese cui affidare l’operazione di ricostruzione e inammissibili quelle sull’obbligo di farsi carico di tutte le spese.

Di diverso avviso era stato il Tar che, con una raffica di ordinanze, aveva messo nel mirino una serie di elementi del Decreto Genova. In particolare, a venire contestata era stata la tenuta giuridica delle ragioni alla base dell’esclusione di Aspi, il decreto infatti metteva in evidenza come non si poteva escludere una forma di responsabilità della società concessionaria nel disastro del 14 agosto del 2018 e andasse di conseguenza evitato «un ulteriore indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali».

Ragioni che al Tar erano sembrate in conflitto con il parametro di ragionevolezza cristallizzato nell’articolo 3 della Costituzione: «Infatti, l’enunciata impossibilità di escludere che all’origine dell’evento si collochi un grave inadempimento della concessionaria autostradale non equivale ad affermare che la stessa sia responsabile in relazione al mancato assolvimento degli obblighi di manutenzione idonei, in ipotesi, ad evitare il crollo dell’infrastruttura».

L’esclusione in altre parole sarebbe stata fondata non tanto sull’accertata responsabilità per il crollo del viadotto del Polcevera, ma su una semplice ipotesi, fondata sulla «non certa irresponsabilità» della società. Tanto più grave la scelta poi, sostenevano le ordinanze di rinvio, a tenere conto che il Governo ha imposto alla concessionaria di finanziare l’intervento di ripristino, senza predeterminare alcun parametro quantitativo al riguardo e senza prevedere la restituzione delle somme versate, nel caso la responsabilità per il crollo del ponte dovesse essere esclusa.

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