Amministrativo

Il "non idoneo" nella prova d'informatica può portare all'esclusione dal concorso

di Pietro Alessio Palumbo

Ai tempi della Smart-Pa, dell'home-working e della scuola pubblica via DAD, secondo il massimo organo della Giustizia Amministrativa è legittimo escludere un candidato dal pubblico concorso per il "solo" fatto di non aver dimostrato le adeguate conoscenze informatiche. E ciò - ha chiarito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 3975/2020 - nonostante: la prova di conoscenza in questione preveda una mera "idoneità" e non rientri tra le specifiche materie a concorso; differentemente dalle altre prove non siano stati predeterminati i quesiti da sottoporre ai candidati; gli esaminatori di specie siano meri "membri aggregati" non facenti parte della commissione fin dall'inizio della procedura concorsuale.

La vicenda - Un candidato aveva partecipato al concorso pubblico per esami indetto dal Comune, ma, esplicate le prove scritte e orali, ne era stato escluso per aver riportato il giudizio di "inidoneità" nella conoscenza delle più diffuse applicazioni informatiche. Con ricorso al Tar il candidato aveva asserito che ai sensi del bando le conoscenze in parola in realtà non potevano essere qualificate quale requisito di partecipazione, potendo al più avere un valore residuale in seno alla prova orale, che a ben vedere aveva comunque superato. Inoltre la nomina del componente aggregato, per la materia informatica, era avvenuta con provvedimento "innominato, privo di data e non reso pubblico" né tale componente aveva partecipato a tutti i lavori della commissione. Il Tar rigettava il ricorso. Il ricorrente si appellava al Consiglio di Stato.

La decisione - A decorrere dal primo gennaio 2000 tutte le amministrazioni pubbliche - statali, autonome, regionali, locali - sono tenute, in sede di redazione dei bandi di concorso, a contemplare la conoscenza di almeno una lingua straniera e delle applicazioni e apparecchiature informatiche di base.

Nel silenzio delle disposizioni primarie, i bandi possono prevedere che l'accertamento di tali conoscenze costituisca parte integrante delle prove di esame, ovvero che venga in rilievo quale requisito di ammissione al concorso. Per il solo personale statale, dirigente e non, è previsto che siano emanate disposizioni regolamentari che disciplinino le modalità di accertamento, i livelli di conoscenza e gli eventuali casi di esonero. In ogni caso, la mancata emanazione di tali disposizioni regolamentari non pregiudica la possibilità che i bandi dispongano direttamente le modalità di accertamento e i livelli delle conoscenze in questione. Deve aggiungersi che una previsione di esclusione del candidato dalla procedura selettiva è di fatto "implicita" nella qualificazione della conoscenza dell'informatica quale requisito di ammissione alla procedura stessa. E ciò oltre la previsione per cui tale conoscenza non avrebbe dato luogo a punteggio ma soltanto a un "giudizio di idoneità".

Fatto questo che equivale a dire che chi non fosse stato giudicato idoneo per mancanza di quella conoscenza per ciò solo sarebbe stato escluso dalla procedura di selezione. Dal che secondo il Consiglio di Stato non è stata illegittima la scelta di riscontrare l'effettiva conoscenza degli strumenti informatici in occasione e durante la fase di prova orale, da cui poi la conseguenza di un'eventuale esclusione del candidato privo di detta conoscenza all'esito di questa stessa prova. In altre parole i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni devono prevedere l'accertamento della conoscenza dell'uso delle applicazioni informatiche più diffuse.

Orbene l'assenza di disposizioni regolamentari attuative non impedisce che i bandi dispongano direttamente le modalità di accertamento e i livelli delle conoscenze, potendo essi stabilire alternativamente che le conoscenze informatiche siano accertate nella forma di una delle prove di esame ovvero quale requisito di ammissione al concorso. Ebbene il bando del concorso in questione ha optato per la seconda soluzione, solo rinviando l'accertamento della sussistenza del requisito alla fase della prova orale. Circostanza, questa, in sé non censurabile né suscettibile di far acquisire a detto accertamento un "valore residuale" nell'ambito della prova orale. Peraltro, assodata l'insussistenza del requisito, l'esclusione dalla procedura selettiva era nel caso di specie "sanzione fisiologica". A ben vedere trattandosi di un requisito di qualificazione e non di materia di esame, del tutto legittimo è anche il fatto che, nella fattispecie, non siano stati predeterminati i quesiti da porre ai candidati diversamente da quanto previsto, invece, per le vere e proprie prove d'esame. Per di più, secondo i comuni principi in tema di verbalizzazione delle prove concorsuali, non integra illegittimità la mancata specificazione dei quesiti concretamente posti alla candidata ai fini dell'accertamento della conoscenza degli strumenti informatici.

Infine, secondo il Consiglio di Stato neppure v'è stata illegittimità o irregolarità quanto alla nomina dei membri aggregati né nel fatto che essi non abbiano partecipato alla commissione d'esame ab ovo giacché, appunto, membri aggregati, ma abbiano piuttosto partecipato solo alle sedute nelle quali il loro apporto era effettivamente necessario.

In altre parole il membro aggregato alla commissione, per effettuare il predetto accertamento, era stato nominato con un provvedimento amministrativo ma, attesone il ruolo, non avrebbe dovuto partecipare a tutti i lavori della commissione di concorso, ma intervenire, nella qualità di esperto, solo in sede di accertamento delle conoscenze in discorso.

Consiglio di Stato - Sentenza n. 3975/2020

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