Amministrativo

Assistenza ai disabili mai subordinata alle risorse pubbliche

di Guglielmo Saporito

L’assistenza socio sanitaria ai disabili non è subordinata né alle risorse finanziarie né alla disponibilità di posti presso le strutture semiresidenziali: lo precisa il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1 del 2 gennaio 2020. Nel caso di specie, si discuteva dell’incompleto inserimento di un minore (3 giorni su 5) in un centro diurno, perché l’Usl non aveva disponibilità economiche e si era limitata a formare una lista di attesa, erogando un contributo parziale, previsto dalla Regione Veneto a sostegno delle disabilità.

I giudici hanno censurato l’azienda pubblica: l’assenza di risorse avrebbe dovuto essere dimostrata come concretamente impeditiva, nel singolo caso, all’erogazione delle prestazioni. Più volte è stato affrontato il conflitto tra esigenze della finanza pubblica e prestazioni richieste: in Adunanza plenaria gli stessi giudici amministrativi hanno precisato che i tetti di spesa possono essere fissati con ragionevole retroattività (sentenze 3/2012 e 8/2006), cioè con disposizioni finanziarie conoscibili dalle strutture private convenzionate che risultassero creditrici insoddisfatte a causa della retroattività di tetti di spesa; stesso ragionamento è stato applicato ai laboratori convenzionati, penalizzati da norme statali correttive, per esigenze di riequilibrio della spesa sanitaria (Consiglio di Stato 3060/2018).

Ma nel caso in cui la disabilità comporti esigenze terapeutiche indifferibili, i giudici amministrativi hanno usato un diverso metro, dando prevalenza al nucleo essenziale del diritto alla salute, seguendo l’indirizzo della Corte costituzionale (304 /1994).

L’Azienda sanitaria veneta è stata quindi censurata perché non poteva negare prestazioni eccependo carenza di risorse: non bastava dichiarare «di aver esaurito i posti in centri diurni», perché avrebbe dovuto dimostrare l’inesistenza di fondi di bilancio dai quali attingere anche per una forma di assistenza indiretta, presso Centri privati, mediante rimborso del costo necessario a consentire l’adeguato sostegno socio educativo.

Secondo i giudici, le norme a tutela dei disabili risultano essenziali al sostegno delle famiglie e alla sicurezza e benessere della società nel suo complesso, poiché evitano la segregazione, la solitudine, l’isolamento, nonché i costi che ne derivano, in termini umani ed economici, potenzialmente insostenibili per le famiglie. Inoltre, l’inserimento e l’integrazione sociale rivestono fondamentale importanza per la società nel suo complesso perché rendono possibili il recupero e la socializzazione (Consiglio di Stato 2626/2017). Di qui l’annullamento dell’operato dell’Ausl veneta ed il risarcimento di 10.000 euro per otto mesi di ridotta assistenza.

L’orientamento è innovativo, ma è coerente a quello, suggerito dalla Corte costituzionale (sentenza 80/2010) e applicato dai Tar (Tar Napoli, sentenza 5668/2019), che nell’analogo settore dei posti per insegnanti di sostegno a disabili, ritiene possibile assunzioni a tempo determinato, in deroga al rapporto tra studenti e docenti stabilito dalla normativa statale, in presenza di disabilità particolarmente gravi.

Consiglio di Stato – Sentenza 1 del 2 gennaio 2020

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