Civile

Doppia imposizione, si applica ai compensi all’amministratore

di Laura Ambrosi

Non viola il principio della doppia imposizione, l’indeducibilità del compenso erogato dalla società all’amministratore se regolarmente assoggettato a Irpef. A precisarlo è la Cassazione con la sentenza 4400/20 depositata il 20 febbraio.

La vicenda trae origine da un accertamento notificato a una società con il quale l’Agenzia recuperava a tassazione dei compensi aggiuntivi corrisposti agli amministratori.

In particolare, l’Ufficio disconosceva la deducibilità nel presupposto che tali somme fossero state erogate solo a due dei quattro amministratori in carica. Il provvedimento veniva impugnato dinanzi al giudice tributario eccependo la legittimità della deduzione, perché le maggiori somme ricompensavano particolari incarichi attribuiti ai due consiglieri.

Inoltre, la società evidenziava che il recupero violava il principio di doppia tassazione, atteso che tali compensi erano assoggettati sia in capo all’ente (quali costi non deducibili), sia ai rispettivi percipienti (come reddito). Entrambi i giudici di merito confermavano la fondatezza dell’accertamento e la società ricorreva così in Cassazione.

La Suprema corte ha innanzitutto rilevato che come principio generale sussistono consiglieri esecutivi e consiglieri non esecutivi. Il cda ha un potere di controllo sull’operato dei consiglieri esecutivi, incaricati cioè di particolari compiti. Tuttavia, i giudici di legittimità hanno evidenziato che se tutti i membri del cda sono consiglieri esecutivi, viene meno la necessità di tale distinzione di incarichi.

Ne consegue così che l’intero cda non può avere compiti esecutivi e pertanto non sussistono ragioni per compensi speciali.

In ogni caso, la Cassazione ha rilevato che nella specie, la maggior retribuzione non era giustificata da apposito verbale di assemblea e quindi il compenso non deliberato non è deducibile (Cassazione 5349/14).

Con riferimento, invece, alla doppia tassazione, la Suprema Corte ha evidenziato che tale principio si base sulla reiterata applicazione della medesima imposta in dipendenza dello stesso presupposto. In altre parole, quindi, non si verifica la citata doppia imposizione quando il prelievo attiene a due diverse tipologie da una parte costi e dall’altra redditi. Nella specie, tale doppia tassazione non si era verificata poiché in capo alla società si trattava di costi non deducibili dal reddito di impresa assoggettati a Ires, mentre in capo alle persone fisiche erano redditi percepiti da assoggettare a Irpef. Soprattutto per tale ultimo aspetto, il principio espresso deve essere considerato allorché in sede difensiva, per contestare l’indeducibilità di compensi erogati ad amministratori o a terzi, si eccepisce l’avvenuta tassazione in capo al percipiente.

Dal principio affermato, infatti, si possono ipotizzare verosimilmente due casi di doppia imposizione:

una somma tassata due volte in capo allo stesso soggetto: si pensi ad esempio a un reddito indicato erroneamente due volte;

una somma considerata reddito per due soggetti differenti: è il caso, ad esempio, di un canone di affitto percepito da madre e figlio dichiarato integralmente da entrambi.

Corte di cassazione – Sentenza 4400/2020

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