Civile

Derivati, per l'intermediario obbligo di informare sugli scenari di mercato

Francesco Machina Grifeo

Obblighi informativi allargati per l'intermediario nei contratti derivati. La banca, infatti, deve informare il cliente non solo sulle caratteristiche oggettive dello strumento finanziario, ma anche sui concreti scenari probabilistici, noti o conoscibili all'epoca della stipula, così da consentire di valutare consapevolmente la scelta di investimento. Lo ha stabilito il Tribunale ordinario di Firenze (giudice Alessandro Ghelardini) accogliendo la domanda di una Srl, attiva nel settore immobiliare, che chiedeva la risoluzione per inadempimento di due contratti su strumenti derivati stipulati, dietro suggerimento dell'istituto di credito, a copertura di altri due contratti di locazione finanziaria immobiliare indicizzati all'Euribor a tre mesi.

L'operazione aveva dato risultati pessimi con differenziali negativi a carico del cliente per oltre 1mln di euro alla data della citazione in giudizio. Secondo la III Sezione civile l'inadempimento agli obblighi del Tuf è grave (articolo 1455 c.c.) in quanto il cliente, ove opportunamente informato, si sarebbe con ogni probabilità astenuto dalla sottoscrizione del derivato e non avrebbe quindi subito il danno economico poi verificatosi.

In particolare, la banca ha violato gli obblighi informativi non comunicando il cosiddetto mark to market del derivato, vale a dire il suo valore di mercato. Secondo le aspettative di "Bloomberg professional", utilizzata dal Ctu, infatti, lo strumento avrebbe generato più costi che ricavi per il cliente nei primo quattro anni. Dunque, le previsioni a breve, notoriamente più attendibili di quelle a lungo termine, indicavano uno squilibrio a favore della banca proprio nel periodo in cui il debito era più alto. Mentre, solo a piano di ammortamento ormai avanzato, e comunque con una previsione ben più aleatoria, si sarebbe realizzava l'aspettativa del cliente di guadagnare (ma su un debito residuo era ormai basso).

A fronte di questi scenari di mercato, l'intermediario ha invece dato unicamente informazioni generali ed astratte senza evidenziare che: «i vantaggi che si fossero prodotti negli ultimi anni di durata del derivato sarebbero stati di modesta entità a fronte di iniziali consistenti flussi negativi nei primi anni di operatività del contratto». «Ciò che rileva - si legge nella decisione - è che non risulta comunicata al cliente in fase precontrattuale alcuna analisi probabilistica sui flussi finanziari derivanti dai derivati che venivano proposti, tenendo conto in particolare delle previsioni note o conoscibili circa l'andamento dei tassi».

Non si può certo trascurare, argomenta il Tribunale, «il peso determinante che l'informazione omessa dalla Banca - altissima probabilità di flussi finanziari consistenti in favore dell'istituto per i primi 4 anni di contratto, più ridotta probabilità di flussi, comunque contenuti in termini assoluti, favorevoli a RDI nel lungo periodo - avrebbe avuto sulla decisione di investimento». «Si tratta, in effetti, di un'informazione fondamentale - continua la decisione -, che avrebbe consentito all'investitore di comprendere non solo il funzionamento dell'intera operazione finanziaria (che già alla nascita era fortemente sbilanciata a favore della Banca), ma anche la sua concreta inopportunità sotto il profilo finanziario». Pertanto, conclude la sentenza, «è ragionevole presumere che, qualora la società fosse stata adeguatamente informata in merito agli scenari probabili, non avrebbe concluso i contratti derivati, a prescindere dalla valutazione della prevedibilità dell'andamento del tasso».
Da qui la condanna della banca al rimborso dei flussi finanziari negativi a carico del cliente (secondo le regole dell'indebito oggettivo) per una somma di oltre 1,6mln di euro.

Tribunale di Firenze - Sentenza 24 febbraio 2020

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