Civile

Il via libera della Pa non «blinda» l’attività nociva alla salute

di Francesco Vignoli

Il diritto fondamentale alla salute limita l’esercizio dei pubblici poteri e la Pa è priva di potere di affievolimento. Ne consegue che la giurisdizione a decidere su immissioni da attività industriale autorizzata, nocive alla salute, spetta al giudice ordinario e non al giudice amministrativo. Lo afferma la Cassazione a Sezioni unite con l’ordinanza 8092 del 23 aprile 2020.

Il caso
Nel caso esaminato, alcuni cittadini hanno adito il Tribunale di Grosseto per accertare la pericolosità per la salute del funzionamento di un impianto di trattamento dei rifiuti. È stato chiesto al giudice di dichiarare l’inesistenza del diritto della società gestrice a esercitare l’attività, in quanto pericolosa per la salubrità ambientale, con condanna al risarcimento dei danni.

La società ha proposto regolamento di giurisdizione in Cassazione, sostenendo che la causa verteva sulle condizioni per il legittimo esercizio dell’impianto e, quindi, sulla legittimità degli atti amministrativi che ne costituivano titolo abilitativo, con competenza a decidere del giudice amministrativo.

La Suprema corte
Nel respingere il ricorso, le Sezioni unite affermano che la giurisdizione appartiene al giudice ordinario quando l’azione è promossa da soggetti a cui il fatto produttivo del pregiudizio ambientale ha recato un danno personale alla salute (articolo 313, comma 7, decreto legislativo 152/2006). Né questo sistema di attribuzione della giurisdizione si altera se l’attività di impresa pericolosa o nociva per i cittadini è conforme alle autorizzazioni della Pa. In altri termini, la Pa, anche se agisce per motivi di interesse pubblico, è priva di qualunque potere di pregiudicare il diritto alla salute, che è garantito come fondamentale dall’articolo 32 della Costituzione e appartiene alla categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne che ne mettano in discussione l’integrità.

Le Sezioni unite affermano che, nel conflitto tra il diritto dell’impresa all’esercizio dell’attività autorizzata dalla Pa e il diritto alla salute, prevale quest’ultimo. È, quindi, erroneo distinguere, ai fini del riparto di giurisdizione, fra l’ipotesi in cui l’intollerabilità delle immissioni derivi da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi, che rendono possibile l’esercizio dell’attività, dall’ipotesi in cui, al contrario, l’esercizio dell’attività sia conforme ai provvedimenti amministrativi che la legittimano.

La giurisdizione al giudice ordinario
La giurisdizione spetta al giudice ordinario che, nel primo caso, inibirà o riporterà a conformità l’attività nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa e, nel secondo caso, disapplicherà i provvedimenti autorizzatori, imponendo di cessare o adeguare l’attività per eliminare le conseguenze nocive o pericolose per la salute.

Non sempre, però, la giurisprudenza fa ricorso alla teoria dei diritti inaffievolibili per attribuire la giurisdizione al giudice ordinario. Le Sezioni unite, nella pronuncia 11142/2017 relativa a immissioni provenienti da un’impresa che gestiva rifiuti, in un caso per alcuni versi analogo a quello in esame, hanno escluso la giurisdizione del giudice amministrativo non perché veniva in gioco il diritto alla salute, ma in quanto non risultava in alcun modo coinvolto l’esercizio di una potestà pubblicistica.

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