Civile

Regola del "più probabile che non" nel danno da responsabilità sanitaria

a cura della redazione di PlusPlus24 Diritto

Responsabilità civile sanitaria - Nesso di causalità - Teoria del più probabile che non - Applicabilità - Fattispecie.
Nell'ambito della responsabilità civile sanitaria opera la regola probatoria del più probabile che non (o della preponderanza dell'evidenza). La ricerca del nesso di causalità impone di verificare, sulla scorta delle evidenze probatorie acquisite (anche a mezzo di CTU), innanzitutto se l'ipotesi sulla verità che l' intervento medico sia idoneo a cagionare il danno (nella specie, mortale) presenti un grado di conferma logica maggiore rispetto alla sua falsità (criterio del più probabile che non) e poi applicare il criterio della prevalenza relativa della probabilità per stabilire se tale ipotesi possa ricevere, su un piano logico o sulla base delle prove disponibili, un grado maggiore di conferma rispetto ad altrettante differenti ipotesi tanto dell'intervento medico quanto all'evento danno, ipotesi anch'esse però da riscontrare preliminarmente nella loro verità, nello stesso modo, ovvero in applicazione del principio del più probabile che non. (Nel caso di specie la corte cassa la sentenza per avere, il giudice di primo grado, escluso la responsabilità sanitaria dei medici in quanto le prove impedivano di stabilire in maniera inequivocabile che la causa del decesso era da imputarsi alla malpractice medica)
• Corte di Cassazione, sezione III , ordinanza 6 luglio 2020 n. 13872

Responsabilità civile sanitaria - Nesso di causalità - Condotta omissiva - Giudizio controfattuale - Operatività - Teoria del più probabile che non - Applicabilità - Fattispecie.
In tema di responsabilità civile, la verifica del nesso causale tra condotta omissiva e fatto dannoso si sostanzia nell'accertamento della probabilità positiva o negativa del conseguimento del risultato idoneo ad evitare il rischio specifico di danno, riconosciuta alla condotta omessa, da compiersi mediante un giudizio controfattuale, che pone al posto dell'omissione il comportamento dovuto. Tale giudizio deve essere effettuato sulla scorta del criterio del "più probabile che non", conformandosi ad uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa-statistica delle frequenze di classi di eventi (cd. probabilità quantitativa o pascaliana), la quale potrebbe anche mancare o essere inconferente, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica o baconiana). (Nel dare applicazione al principio, in un caso in cui alla omessa diagnosi di appendicite acuta era comunque seguita la risoluzione della patologia mediante intervento chirurgico, all'esito del quale era peraltro insorto uno stato di coma con pericolo di vita, la S.C. ha affermato che, sostituendo alla omessa diagnosi la corretta rilevazione della patologia, sarebbe rimasto immutato, nella sequenza sopra indicata, il segmento causale successivo, posto che l'intervento chirurgico aveva trovato il diretto antecedente causale nella malattia non altrimenti trattabile e il successivo stato di coma aveva costituito un evento del tutto anomalo ed eccezionale, la cui genesi eziologica era stata assorbita nella efficienza deterministica esclusiva della condotta gravemente imperita dell'anestesista nel corso dell'intervento).
• Corte di Cassazione, Sezione III, srdinanza 27 settembre 2018, n. 23197

Responsabilità civile - Professionisti - Attività medico - chirurgica - Accertamento del nesso causale - Modalità - Valorizzazione delle circostanze del caso concreto - Necessità - Fattispecie in tema di paraplegia dovuta a trombo insorto dopo intervento chirurgico, non preceduto dalla somministrazione di trattamento eparinico.
In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l'accertamento del nesso causale - da compiersi secondo il criterio della "preponderanza dell'evidenza" (altrimenti definito anche del "più probabile che non") - implica una valutazione della idoneità della condotta del sanitario a cagionare il danno lamentato dal paziente che deve essere correlata alle condizioni del medesimo, nella loro irripetibile singolarità. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto immune da vizi logici la decisione con cui il giudice di merito aveva affermato la responsabilità di una struttura sanitaria, in relazione alla paralisi degli arti inferiori subita da un paziente sottoposto ad un intervento di trombectomia, per essere stato omesso un trattamento preventivo a base di eparina, sebbene lo stesso non fosse previsto da alcun protocollo, ma solo raccomandato in via precauzionale nella letteratura scientifica perché in astratto idoneo a prevenire tale complicanza, attesa l'oggettiva gravità del rischio, sul piano causale, a carico del paziente per le sue particolari condizioni personali, trattandosi di soggetto fumatore, affetto da diabete e, verosimilmente, da vascolopatia).
• Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 20 febbraio 2015, n. 3390

Responsabilità civile - Nesso di causalità - Responsabilità del ministero della salute, a titolo di omissione, per danni conseguenti ad emotrasfusioni con sangue infetto.
In tema di responsabilità civile aquiliana - nella quale vige, alla stregua delle regole di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., il principio dell'equivalenza delle cause temperato da quello della causalità adeguata - il nesso di causalità consiste anche nella regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non"; ne consegue che - sussistendo a carico del Ministero della sanità (oggi Ministero della salute), anche prima dell'entrata in vigore della legge 4 maggio 1990, n. 107, un obbligo di controllo e di vigilanza in materia di raccolta e distribuzione di sangue umano per uso terapeutico - il giudice, accertata l'omissione di tali attività con riferimento alle cognizioni scientifiche esistenti all'epoca di produzione del preparato, ed accertata l'esistenza di una patologia da virus HIV, HBV o HCV in soggetto emotrasfuso o assuntore di emoderivati, può ritenere, in assenza di altri fattori alternativi, che tale omissione sia stata causa dell'insorgenza della malattia e che, per converso, la condotta doverosa del Ministero, se fosse stata tenuta, avrebbe impedito il verificarsi dell'evento.
• Corte di Cassazione, sezioni unite, Sentenza 11 gennaio 2008, n. 576

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