Società

Concordato con riserva bocciato, niente nuove istanze per due anni

di Giovanbattista Tona

Se una richiesta di concordato con riserva viene dichiarata per qualsiasi ragione inammissibile, il tribunale fallimentare non può ammettere nei due anni successivi una nuova procedura di concordato proposta con istanza “in bianco”. E se lo fa, il decreto di omologa del piano concordatario deve essere revocato.
Lo ha stabilito la Corte di Appello di Torino con un decreto del 9 luglio scorso.

La questione
Una società in crisi aveva presentato un ricorso ex articolo 161, comma 6, della legge fallimentare, formulando domanda di concordato e riservandosi - come consentito da quella norma - di presentare la proposta, il piano e la documentazione prevista dalla procedura concordataria nel termine fissato dal giudice. Ma il ricorso previsto dal citato articolo 161, comma 6, deve essere depositato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi e all'elenco nominativo dei creditori con l'indicazione dei rispettivi crediti.

La società non presentò i bilanci e il Tribunale dichiarò il ricorso inammissibile senza nemmeno fissare il termine per la presentazione della proposta e del piano.Dopo pochi giorni la società presentò un nuovo ricorso per concordato con riserva, stavolta corredato dai bilanci, le fu fissato il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione e fu ammessa con decreto di omologa.

L’articolo 161, comma 9, della legge fallimentare stabilisce che la domanda di concordato con riserva è inammissibile quando il debitore, nei due anni precedenti, ha depositato altra analoga domanda alla quale non abbia fatto seguito l’ammissione alla procedura di concordato preventivo o l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti.Tuttavia il Tribunale ritenne che questa causa di inammissibilità ricorresse nel caso in cui la precedente istanza fosse stata seguita da piano di concordato dichiarato inammissibile e che, invece, l’inammissibilità di mera istanza di pre-concordato, come quella effettuata nel caso in esame (dove non era stato nemmeno fissato il termine per la presentazione del piano), non ostasse all’ammissione di nuova analoga istanza.

La Corte di appello
Secondo la Corte di appello di Torino questa interpretazione è contraria al tenore letterale dell’articolo 161, comma 9, che si riferisce a qualsiasi dichiarazione di inammissibilità di istanza di concordato “in bianco”. La norma è volta a evitare l’abuso dello strumento concordatario, che potrebbe essere finalizzato solo a bloccare eventuali esecuzioni in corso o di imminente promovimento.Orbene, anche quando la domanda di concordato è dichiarata inammissibile senza nemmeno la concessione dei termini per il deposito del piano, essa ha dispiegato effetti paralizzanti per le azioni esecutive dei creditori.

A norma dell’articolo 168 della legge fallimentare, il divieto di promovimento o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore decorre dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e non da quella in cui il tribunale, ritenuto il ricorso ammissibile, fissa il termine per la presentazione del piano e della proposta.Sicchè anche in casi di istanza pre-concordato scatta un ombrello protettivo in favore del debitore di cui egli non può avvantaggiarsi a ripetizione. Se, dopo l’inammissibilità di una sua precedente istanza “in bianco”, vorrà accedere alla procedura concordatario, dovrà farlo nelle forme ordinarie previste dal primo e dal secondo comma dell’articolo 161.

Corte di Appello di Torino, decreto del 9 luglio 2020

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