Comunitario e Internazionale

Direttiva "habitat", lupi selvatici protetti anche nelle zone abitate

Francesco Machina Grifeo

La rigorosa tutela di alcune specie animali prevista dalla direttiva «habitat» si applica anche agli esemplari che lasciano il loro ambiente naturale. Dunque, la relativa protezione vale anche per il lupo che raggiunga zone popolate dall'uomo. Lo ha stabilito la Corte Ue con la sentenza nella causa C-88/19 dell'11 giugno 2020. La cattura e il trasporto di un lupo trovato in un villaggio, spiegano i giudici, possono perciò essere giustificati solo se sono oggetto di una deroga adottata dall'autorità nazionale competente.

Nel 2016, il personale di un'associazione per la protezione degli animali, accompagnato da una veterinaria, ha proceduto alla cattura e al trasporto, senza previa autorizzazione, di un lupo trovato nei pressi di un villaggio rumeno situato tra due grandi siti protetti. Durante il trasporto verso una riserva il lupo è riuscito a fuggire nei boschi. A questo punto è stata presentata una denuncia penale per reati connessi alla cattura e al trasporto di un lupo in condizioni inappropriate.

Investita della questione, la Cgue ha rilevato che, per quanto riguarda le specie animali protette le quali, come il lupo, occupano vasti territori, la nozione di «area di ripartizione naturale» è più ampia dello spazio geografico che presenta gli elementi fisici o biologici essenziali per la loro vita e la loro riproduzione e corrisponde quindi allo spazio geografico in cui la specie è presente o si diffonde secondo il suo comportamento naturale. Ne deriva che la tutela prevista dall'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva «habitat» non presenta limiti o frontiere, cosicché un esemplare selvatico di una specie animale protetta che si trovi in prossimità o all'interno di zone popolate dall'uomo, che transiti attraverso tali zone o che si nutra delle risorse prodotte dall'uomo, non può essere considerato un animale che ha lasciato la sua «area di ripartizione naturale».
Pertanto, secondo la Corte, la formulazione dell'articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della direttiva «habitat», che vieta la cattura o l'uccisione deliberata di esemplari delle specie protette «nell'ambiente naturale», non consente di escludere le zone popolate dall'uomo dall'ambito di tutela.

La Corte ha altresì rilevato che, l'antropizzazione col relativo sviluppo delle infrastrutture, lo sfruttamento illegale delle foreste, le aziende agricole e talune attività industriali contribuiscono a esercitare una pressione sulla popolazione di lupi e sul suo habitat. Di conseguenza, ha concluso la tutela si applica all'intera «area di ripartizione naturale», a prescindere dal fatto che le specie si trovino nel loro habitat abituale, in aree protette o in prossimità di insediamenti umani.

Mentre è compito degli Stati membri adottare un quadro normativo completo, il quale può comprendere, conformemente all'articolo 16, paragrafo 1, lettere b) e c), della direttiva «habitat», misure destinate a prevenire danni gravi, segnatamente, alle colture o all'allevamento, o misure adottate nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica.

La Corte ha quindi confermato che la cattura e il trasporto di un esemplare di una specie animale protetta, come il lupo, possono essere effettuati solo nel contesto di una deroga adottata dall'autorità nazionale competente fondata su un motivo di sicurezza pubblica.

Corte Ue - Sentenza nella causa C-88/19 dell'11 giugno 2020

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