Comunitario e Internazionale

Gli armadi per i server non sono assimilabili alla locazione di immobili ai fini Iva

di Pasquale Miracolo

Con la sentenza n. C-215/19 del 2 luglio 2020, la CGUE ha stabilito che la messa a disposizione, da parte di un gestore di reti di telecomunicazioni wireless, di armadi nei quali vengono alloggiati i server dei clienti, non può essere considerata una prestazione relativa a beni immobili.

Nonostante, infatti, gli armadi e le scaffalature che ospitano i server siano fissati al pavimento con dei bulloni, gli stessi possono essere rimossi senza distruggere o alterare il data center.

Da ciò consegue, quindi, che tali armadi non costituisco beni immobili, in quanto il cliente non riceve in godimento una parte del data center, considerato appunto come fabbricato o edificio, ma dispone unicamente della possibilità di utilizzare detti armadi o scaffali.

A nulla rileverebbe, secondo i Giudici, il fatto che il gestore fornisca ai clienti l’energia elettrica, nonché un insieme di servizi destinati a garantire che i server siano utilizzati in condizioni ottimali, quali la sorveglianza della temperatura e dell’umidità, la refrigerazione, un controllo elettronico degli accessi e rilevatori di fumo al fine di individuare eventuali incendi all’interno degli armadi.

Bene immobile Ue - A livello unionale la definizione di bene immobile viene fornita dalla direttiva di rifusione n. 112 del 2006, in base alla quale viene qualificata come fabbricato “qualsiasi costruzione incorporata al suolo”.

Ai sensi dell’art. 13-ter del Regolamento di esecuzione UE n. 282/2011, inoltre, è considerato bene immobile “qualsiasi elemento, apparecchio o congegno installato in modo permanente in un fabbricato che non possa essere rimosso senza distruggere o alterare il fabbricato o l’edificio”.

Bene immobile in Italia - Nella prassi domestica, invece, l’Amministrazione finanziaria, con la circolare n. 22/E del 6 maggio 2009, ha specificato che sono da considerare immobili anche “gli impianti e i macchinari infissi al suolo ossia (quelli) che (…) non possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo, mantenendo inalterata la loro originaria funzionalità”.

Più nello specifico, però, in riferimento ad una fattispecie affine a quella sulla quale si sono pronunciati i Giudici della Cgue, mentre l’Agenzia del territorio, con la risoluzione n. 3/T del 6 novembre 2008 aveva indicato di ricomprendere nel computo della rendita catastale delle centrali fotovoltaiche anche i pannelli fotovoltaici posizionati permanentemente al suolo, di diverso avviso si era dimostrata l’Agenzia delle Entrate, per la quale, invece, l’impianto fotovoltaico situato su un terreno non costituisce un impianto fissato al suolo, in quanto normalmente i moduli che lo compongono (i pannelli solari) possono essere agevolmente rimossi e posizionati in altro luogo mantenendo inalterata la propria funzionalità (cfr. circolari n. 46/E del 19 luglio 2007 e n. 38/E del 23 giugno 2010).

La definizione della Cgue - I Giudici della Cgue, nell’intento di fare chiarezza sul tema, al paragrafo n. 59 della sentenza in commento hanno dichiarato che, affinché una prestazione di servizi sia considerata come relativa a beni immobili, è necessario che la stessa sia (i) collegata a un bene immobile espressamente determinato e che (ii) il bene immobile sia l’oggetto stesso della prestazione, in quanto ritenutone elemento centrale ed indispensabile (mutuando tale impostazione dal precedente giudizio del 27 giugno 2013, RR Donnelley Global Turnkey Solutions Poland, C-155/12).

Tale principio è ricavato dal disposto enunciato dall’art. 31-bis, comma 3, lett. b) del Regolamento n. 282/2011, in virtù del quale non rientrano tra i servizi relativi a beni immobili, di cui all’art. 47 della direttiva n. 112/2006, il magazzinaggio di merci in un bene immobile qualora non sia assegnata alcuna parte specifica dell’immobile ad uso esclusivo del destinatario.

Regime Iva - La mancata assimilazione alla prestazione di servizi relativi ad un immobile determina, infine, conseguenze rilevanti, dal punto di vista della corretta applicazione dell’Iva.

In riferimento a tale fattispecie, infatti, verrebbe meno l’applicazione del principio (derogatorio) stabilito dall’art. 47 della direttiva n. 112/2006 (secondo il quale il luogo di prestazione di servizi relativi a un bene immobile è dato da quello in cui tale bene si trova); di conseguenza, in luogo del regime naturale dell’esenzione prevista per le locazioni di immobili, di cui all’art. 135, comma 1, lett. l) della medesima direttiva, troverebbe posto il comma 2, lett. c) dello stesso articolo, in base al quale le locazioni di macchine fissate stabilmente sono escluse dall’esenzione.

Ulteriore risvolto per gli operatori nazionali attivi nel settore delle telecomunicazioni è dato dal fatto che, nell’ambito dei rapporti B2B, qualora la controparte sia non fiscalmente residente in Italia, non dovrebbe più trovare applicazione l’art. 7-quater, comma 1 lett. a) del Dpr 633/1972.

 

 

 

 

Cgue - Sentenza n. C-215/19 del 2 luglio 2020

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