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Clausole abusive, bocciata la prescrizione breve per i consumatori

La tutela del consumatore contro le clausole abusive nei contratti con gli operatori professionali deve essere "effettiva", senza dunque esporre il contraente più debole al rischio di vedersi tagliato fuori troppo presto a causa della prescrizione, impedendogli così qualsiasi azione di rivalsa. La Corte Ue affrontando un caso romeno, sentenza nelle cause riunite C 698/18 e C-699/18, ha infatti stabilito che il termine di prescrizione dell'azione giudiziale di restituzione di somme versate ad una banca in forza di una clausola abusiva non deve essere meno favorevole rispetto a quello previsto dal diritto nazionale per ricorsi analoghi né deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione.

Il caso – Due cittadini avevano stipulato contratti di credito per la concessione di prestiti personali con Raiffeisen Bank e BRD Groupe Société Générale. Dopo il rimborso integrale, entrambi hanno proposto ricorso in Tribunale chiedendo l'accertamento del carattere abusivo delle clausole relative al pagamento delle commissioni di istruttoria e di gestione mensile. Gli istituti di credito si sono difesi affermando che ormai i ricorrenti avevano perso la qualità di consumatori, avendo estinto i contratti di credito e dunque erano privi della legittimazione ad agire. Il tribunale, all'opposto, ha ritenuto che l'integrale esecuzione del contratto non impediva la verifica del carattere abusivo delle clausole ed ha ingiunto la restituzione delle somme. Proposto appello, il Tribunale Superiore ha rinviato la questione alla Corte Ue.

La motivazione
- Per i giudici di Lussemburgo spetta all'ordinamento nazionale stabilire le modalità procedurali dei ricorsi, tuttavia non si devono prevedere condizioni meno favorevoli di quelle relative a ricorsi analoghi di natura interna (principio di equivalenza) e non si deve rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione (principio di effettività).

Così, tornando al caso concreto, sebbene una prescrizione triennale appaia sufficiente per la preparazione di un ricorso, tuttavia, prosegue la decisione, dal momento che il termine decorre dalla data di esecuzione del contratto si rischia che il consumatore si accorga della natura abusiva della clausola quando ormai è troppo tardi. Il principio di effettività dunque osta a che l'azione di restituzione sia soggetta a un termine di prescrizione di tre anni, decorrente indipendentemente dal fatto che il consumatore avesse o potesse ragionevolmente avere conoscenza del carattere abusivo della clausola.

Per quanto attiene al principio di equivalenza, la Corte ricorda che il rispetto di tale principio presuppone che la norma nazionale si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto dell'Unione e a quelli fondati sull'inosservanza del diritto interno aventi analogo oggetto e analoga causa. A tale riguardo,conclude, il principio di equivalenza osta a un'interpretazione della normativa nazionale secondo la quale il termine di prescrizione di un'azione in giudizio per la restituzione delle somme versate in forza di una clausola abusiva inizia a decorrere dalla data dell'esecuzione integrale del contratto, mentre per un'azione analoga di diritto interno questo stesso termine inizia a decorrere dalla data dell'accertamento giudiziale della causa dell'azione.

Corte Ue - Sentenza nelle cause riunite C 698/18 e C-699/18

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