Penale

Custodia cautelare, nel conto anche fasi non omogenee

di Patrizia Maciocchi

La retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, va fatta considerando l’intera durata anche se relativa a fasi non omogenee. Le Sezioni unite della Cassazione (sentenza 23166) aderiscono all’indirizzo minoritario affermato in sede di legittimità. Per il Supremo collegio l’unico - in linea con le indicazioni della Consulta e dei giudici di Strasburgo - che comporta il minor sacrificio della libertà personale. La Sezione remittente aveva chiesto lumi alle Sezioni unite, registrando il contrasto nei criteri di calcolo dei termini di custodia cautelare, che si crea quando, a causa della cosiddetta “contestazione a catena”, bisogna retrodatare la decorrenza, come previsto dall’articolo 297, comma 3 del Codice di rito penale.

Secondo il disatteso indirizzo maggioritario, la retrodatazione andrebbe fatta frazionando l’intera durata della prima misura applicata, considerando nella seconda solo i periodi relativi a fasi omogenee. Solo così si potrebbe affermare lo sforamento del tempo massimo. Per i sostenitori di questa tesi, infatti, i termini di durata delle misure cautelari vanno ripartiti in base alle fasi dei procedimenti, con la conseguenza che non sarebbe possibile “sommare” periodi appartenenti a fasi disomogenee. In caso di contestazioni a catena, dunque, nella retrodatazione si dovrebbe tenere considerare solo del periodo di restrizione sofferto in base alla prima ordinanza nella stessa fase.

Per le Sezioni unite però seguendo questa via, non si scongiura il rischio di dilatare i tempi, anche a causa delle decisioni del pubblico ministero, il quale, pur conoscendo gli elementi alla base delle diverse ordinanze cautelari può non decidere per l’emissione simultanea. Del resto, ricorda il Supremo collegio, la Consulta (sentenza 408/2005) ha escluso che possa esistere uno spazio, offerto agli organi titolari del potere cautelare, di scegliere il momento dal quale far partire i termini di custodia in caso di più titoli e di fatti reato.

In favore dell’orientamento prescelto, secondo il quale va nel “conto” anche il presofferto nelle fasi non omogenee, depone anche il tenore letterale della norma. L’articolo 297, comma 3, non prevede, infatti, nessun frazionamento della custodia già subìta che segua criteri di omogeneità delle fasi. La norma impone, ai fini della valutazione della durata massima, il semplice riallineamento del termine di inizio dell’efficacia della seconda ordinanza con quello di esecuzione della prima.

È ancora la Consulta a suggerire la soluzione adottata, con le sentenze 233/2011 e 293/2013. Il giudice delle leggi, esprimendosi sulla retrodatazione ha chiarito che questa mira a scongiurare, in perfetta aderenza con i valori di certezza e di “durata minima”, «che la rigorosa predeterminazione dei termini di durata massima delle misure cautelatri possa essere elusa tramite la diluizione nel tempo di più provvedimenti restrittivi nei confronti della stessa persona, impedendo così i decorso dei termini relativi a più titoli di custodia. Nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza la scelta deve essere quella che comporta il minor sacrificio possibile della libertà personale.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©