Penale

Interdittive antimafia: crescono gli stop alle aziende

di Bianca Lucia Mazzei

Il lockdown non ha fermato le interdittive antimafia, ossia i provvedimenti delle prefetture che bloccano l’attività delle imprese sospettate di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata. Anzi. Secondo i dati del ministero dell’Interno, da agosto 2019 a luglio 2020 ne sono state adottate 1.865 contro le 1.491 dello stesso periodo precedente (agosto 2018-luglio 2019) con una crescita del 25,1%. Un trend in aumento confermato anche dai dati elaborati per anno solare: ad oggi le Prefetture hanno già varato 1.394 interdittive, più di 5 al giorno, contro le 4 del 2019.

Con l’obiettivo di impedire l’infiltrazione nell’economia legale, l’interdittiva blocca l’attività dell’impresa alla quale viene interdetto non solo qualsiasi rapporto con la Pa (a partecipazione a gare pubbliche o sottoscrizione di contratti) ma vengono negate anche autorizzazioni e licenze commerciali.

La Regioni del Sud (con la Calabria in testa) restano quelle con il maggior numero di provvedimenti, ma l’estensione della penetrazione criminale nel Centro-Nord emerge dal dato dell’Emilia Romagna che quest’anno ha superato la Sicilia.

Azione preventiva

Basata non su prove certe ma su una valutazione probabilistica (indizi gravi, precisi e concordanti), l’interdittiva ha carattere preventivo e viene adottata in seguito alla richiesta di verifiche da parte di Pa, Comuni e altre stazioni appaltanti. I numeri forniti dal ministero dell’Interno fotografano le risposte negative, che bloccano l’attività richiesta: più provvedimenti di diniego possono quindi riguardare anche la stessa azienda.

Ad introdurla è stato il Codice antimafia (Dlgs 159/2011) per il settore degli appalti pubblici. Nel 2014 è stata estesa a autorizzazioni e licenze commerciali che ormai costituiscono l’oggetto della maggior parte degli stop. Nel 2019 infatti solo 633 delle 1.541 interdittive adottate dalle Prefetture ha colpito aziende coinvolte in appalti e quindi censite dall’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione. Le altre hanno quindi riguardato attività (come esercizi commerciali, bar o ristoranti), che necessitano di autorizzazioni o licenze.

«È uno dei problemi cruciali del rapporto tra amministrazione della giustizia e sistema economico - dice Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione camere penali - Ed ormai è un’emergenza. Il Consiglio di Stato respinge il 100% dei ricorsi: questo vuol dire che non esiste più alcun controllo giurisdizionale su un’attività di polizia che può distruggere un’impresa. È un tema talmente importante che sarà al centro di un convegno a ottobre».

Le ragioni dell’aumento

Nel 2020 (se si proiettano su 12 mesi i dati relativi al periodo gennaio-15 settembre) la crescita delle interdittive è del 27% rispetto al 2019 e del 53% rispetto al 2018. Un aumento incessante dovuto a diversi fattori. Da una parte l’incremento della pressione mafiosa. Nella relazione 2020, l’Anac a commento della crescita del 10% delle interdittive legate agli appalti (dalle 573 del 2018 alle 633 del 2019) sottolinea come le organizzazione criminali approfittino delle situazioni emergenziali «con effetti devastanti sulle imprese sane, già pesantemente colpite dalla crisi».

Dall’altra, la maggiore capacità di contrasto. Non solo la normativa ha allargato i casi in cui è necessaria la documentazione antimafia ma è anche cresciuta la collaborazione fra Prefetture, Comuni, Asl e altre stazioni appaltanti con accordi e protocolli di intesa che hanno fatto aumentare la richiesta di verifiche.

Gli effetti

Lo stop all’attività ha conseguenze pesanti. «Per ridurre l’impatto sull’occupazione - spiega il prefetto di Napoli, Marco Valentini - spesso si decide di commissariare l’impresa fino alla fine dei contratti in essere. Ma questo è possibile solo nei settori dei servizi essenziali. Si potrebbe estendere ad attività che hanno molti occupati, come ristoranti e supermercati».

Negli ultimi tempi sta anche crescendo il ricorso al controllo giudiziario. La decisione spetta al giudice che può consentire la prosecuzione delle attività, nel rispetto di prescrizioni specifiche e con l’ausilio di un controllore nominato dal Tribunale.

La ripartizione territoriale

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