Professione e Mercato

Con il gratuito patrocinio parcella solo dopo lo stop

di Patrizia Maciocchi

Il difensore non può chiedere i compensi professionali al suo assistito, ammesso al gratuito patrocinio, prima che il giudice del procedimento principale revochi il beneficio. Solo allora può reclamare i suoi onorari interamente o, nel caso la revoca del beneficio sia dovuta ad un mutamento delle condizioni patrimoniali, dal momento in cui queste sono cambiate.

La Corte di cassazione, con la sentenza 10669 del 5 giugno scorso, respinge il ricorso del legale contro il suo assistito, oggetto di un decreto ingiuntivo per il pagamento delle prestazioni. Il legale aveva difeso, quella che poi era diventata la sua controparte, in una causa nei confronti della Asl per un risarcimento per colpa medica. E aveva chiesto il “saldo” alla cliente perché, a suo avviso, era decaduta dal beneficio. Dopo il matrimonio, infatti, il nuovo reddito del nucleo familiare sforava il tetto fissato per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Di parere diverso il Tribunale che aveva, invece annullato il decreto ingiuntivo, chiarendo che la causa per colpa medica riguardava i diritti della personalità, tema per il quale non vale il criterio della somma del reddito del richiedente con quello del marito.

Inutile per il legale insistere sul fatto che il beneficio sarebbe comunque sfumato, perché in realtà nella querelle i riflessi sulla salute restavano sullo sfondo ed erano solo indiretti mentre la causa era relativa ad un inadempimento contrattuale. Per la Suprema corte l’argomento, che anticipa la decisione del giudice, non passa. Prima di presentare il conto il ricorrente doveva aspettare che il giudice revocasse il patrocinio. Anche perché il provvedimento, non avendo effetto retroattivo, lascia allo Stato l’onere di pagare fino al momento in cui le condizioni economiche sono migliorate. E l’avvocato che reclama i compensi prima, non solo perde la causa, ma commette anche un illecito disciplinare.

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