L'esperto rispondeResponsabilità

LIMITI ALLA POSSIBILITÀ DI SEPARARSI IN COMUNE

La domanda

Mi riferisco all'articolo 12 del Dl 132/2014 e alla circolare 6/2015 del ministero dell'Interno. La norma prevede che, nella procedura di separazione davanti al sindaco, non siano ammessi accordi che contengano patti di trasferimento patrimoniale. Si considerano tali solo quelli che siano produttivi di effetti traslativi di diritti reali. Orbene, la previsione dell'assegnazione della casa coniugale, necessaria, dal momento che i coniugi dovranno vivere separati, può rientrare nell'accordo procedurale davanti al sindaco o rientra nel divieto citato, dal momento che tale assegnazione non produce effetti traslativi di diritti reali?

La legge e la giurisprudenza sono ormai concordi nel sostenere che l’istituto dell’assegnazione della casa familiare discende esclusivamente dalla norma contenuta nell'articolo 337-sexies del Codice civile, nell'interesse dei figli; il provvedimento che ne consegue è trascrivibile e opponibile ai terzi. La procedura prevista dall'articolo 12 della legge 132/2014 non è applicabile in presenza di figli (minori o maggiorenni incapaci, portatori di handicap grave, non economicamente autosufficienti), vale a dire nei casi in cui potrebbe essere disposta l’assegnazione della casa. Pertanto l’assegnazione della casa familiare, disciplinata dalla norma citata, non può rientrare tra gli accordi davanti all'ufficiale di stato civile.In mancanza di figli da tutelare, peraltro, il problema della casa non può essere demandato a un giudice, ma dev'essere risolto dai coniugi o ex coniugi con riferimento alle norme ordinarie. Ad esempio, due comproprietari potrebbero decidere che uno di loro continui a godere del bene, e a quali condizioni economiche, o il proprietario potrebbe concedere in locazione o dare in comodato l’immobile all'altro.La circolare indicata dal lettore, mutando orientamento, ha chiarito che il divieto di inserire, nell'accordo davanti all'ufficiale di stato civile, patti di trasferimento patrimoniale non impedisce di pattuire l’obbligo di pagamento di una somma di denaro a titolo di assegno periodico (in quanto una tale disposizione determina l’insorgenza di un rapporto obbligatorio incapace di produrre effetti traslativi su un bene determinato), mentre impedisce di inserire la corresponsione dell’assegno periodico di divorzio in unica soluzione, in quanto considerata attribuzione patrimoniale (mobiliare o immobiliare). In tale ottica un eventuale accordo sul godimento temporaneo della casa coniugale, valevole solo fra le parti e non opponibile ai terzi, potrebbe essere forse accettato; anche se in relazione alla fattispecie concreta si potrebbe rendere necessario formalizzare tale accordo in relazione alle norme generali. Le parti devono comunque essere consapevoli del fatto che l’ufficiale di stato civile non è chiamato a entrare nel merito delle condizioni concordate tra i coniugi, e della loro congruità, come ribadito nella circolare citata.

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