Amministrativo

Furbetti del cartellino: è incostituzionale il danno all'immagine "rigido"

di Pietro Alessio Palumbo

È costituzionalmente illegittimo il Testo unico del pubblico impiego nella parte in cui predetermina in almeno sei mensilità di retribuzione il danno all'immagine arrecato dal dipendente assenteista al proprio Ente di appartenenza. Su impulso della Corte dei conti umbra, la Corte costituzionale con la sentenza n°61 depositata il 10 aprile 2020 ha precisato che l'obbligatorietà del minimo sanzionatorio, imponendo al giudice di condannare il responsabile nella misura non inferiore a sei mensilità dell'ultimo stipendio in godimento, a ben vedere gli impedisce di dare considerazione a circostanze peculiari e caratterizzanti il caso concreto. E ciò, violando sia il principio di proporzionalità che quello della gradualità sanzionatoria, anche in presenza di condotte marginali e tenui che hanno prodotto un pregiudizio in tutta evidenza minimo alla reputazione dell'amministrazione pubblica.

La vicenda - La Procura regionale della Corte Conti per l'Umbria aveva esercitato l'azione di responsabilità amministrativa nei confronti di un dipendente comunale che, per quattro giorni, pur uscendo effettivamente alle ore 17:00, aveva attestato falsamente la propria presenza in servizio sino alle ore 18:00. Nel giudizio di responsabilità promosso dalla Procura regionale, la Corte dei conti sollevava questioni di legittimità costituzionale dell'art. 55-quater, comma 3-quater, ultimo periodo, del T.U. sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001) in riferimento agli artt. 3, 23, 76, 117 della Costituzione e in relazione all'art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. A ben vedere, secondo la Corte dei conti, la normativa recentemente introdotta nel citato T.U., arrecava una "torsione sanzionatoria" dei comportamenti assenteistici.

La decisione - Secondo la Corte delle Leggi la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55-quater, comma 3-quater, del D.Lgs. n. 165 del 2001, inserito dall'art. 1, comma 1, lettera b), del D.Lgs. n. 116 del 2016, sollevata in riferimento all'articolo 76 della Costituzione, è fondata. A differenza di quanto avvenuto con la precedente Legge n. 15 del 2009, laddove il legislatore aveva espressamente delegato il Governo a prevedere, a carico del dipendente responsabile, l'obbligo del risarcimento sia del danno patrimoniale che del danno all'immagine subìti dall'amministrazione, ciò non è rinvenibile nella legge di Delegazione n. 124 del 2015. Segnatamente l'art. 17, comma 1, lettera s), di detta legge prevede esclusivamente l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare e rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione, l'esercizio dell'azione disciplinare.

Osserva acutamente la Corte di piazza del Quirinale che, come risulta dagli atti preparatori, tale particolare disposizione di delega non era presente nel testo iniziale del disegno di legge (A.S. n. 1577), ma è stata introdotta con emendamento (n. 13.500) del relatore nel corso dell'esame in Senato. Ebbene, nella discussione parlamentare la questione della responsabilità amministrativa non risulta essere mai stata oggetto di trattazione. Dal che la materia delegata è unicamente quella attinente al procedimento disciplinare, senza che possa ritenersi in essa contenuta l'introduzione di nuove fattispecie sostanziali in materia di responsabilità amministrativa. Va evidenziato inoltre che detta delega è ricompresa in una più ampia, diretta a dettare norme di semplificazione. E, in quanto delega per il riordino, essa concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l'introduzione di soluzioni innovative, le quali si badi, devono comunque attenersi strettamente ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante. Non può dunque ritenersi compresa la materia della responsabilità amministrativa e, in particolare, la specifica fattispecie del danno all'immagine arrecato dalle indebite assenze dal servizio dei dipendenti pubblici.

Segnatamente la disposizione in esame prevede una nuova fattispecie di natura sostanziale, intrinsecamente collegata con l'avvio, la prosecuzione e la conclusione dell'azione di responsabilità da parte del procuratore della Corte dei conti. Applicando a essa il criterio di stretta inerenza alla delega, risulta indubitabile il contrasto con l'articolo 76 della Costituzione. Per altro verso, sebbene le censure del giudice rimettente siano limitate all'ultimo periodo del comma 3-quater dell'art. 55-quater, che riguarda le modalità di stima e quantificazione del danno all'immagine, l'illegittimità riguarda anche il secondo e il terzo periodo di detto comma perché essi sono funzionalmente inscindibili con l'ultimo, così da costituire, nel loro complesso, un'autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa. Fattispecie indubitabilmente non consentita dalla legge di delega.

Corte costituzionale - Sentenza 10 aprile 2020 n. 61

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