Amministrativo

Ok a più insegne di esercizio sullo stesso edificio

di Guglielmo Saporito

Possibile ottenere dall’Anas l’autorizzazione a collocare più «insegne di esercizio» sullo stesso manufatto: lo sottolinea il Tar Lazio con la sentenza 28 aprile 2020 n. 4319. Un consorzio di proprietari di un centro commerciale sito sul Raccordo anulare della capitale, si era visto limitare le proprie insegne, ritenute dall’Anas di natura pubblicitaria e quindi fonte di distrazione per gli automobilisti. Il consorzio riteneva invece di aver collocato solo insegne di esercizio, per consentire al pubblico di reperire la sede dell’attività imprenditoriale. Questa seconda tesi è stata condivisa dal Tar, che ha qualificato la struttura come una sorta di “preinsegna” che, in un raggio di 5 km dalla sede dell’attività economica, aiutava l’orientamento stradale.

A differenza degli impianti pubblicitari, che danno informazioni a un pubblico che non conosca l’impresa, le insegne di esercizio si limitano infatti a indirizzare, senza illustrare le caratteristiche di una determinata attività economica. E appunto per tali finalità di mero indirizzo, le insegne di esercizio non possono essere limitate dal proprietario della strada. Alcuni problemi sorgono quando le «insegne di esercizio» sono più di una, in particolare quando la visibilità dello stabilimento è connessa a una articolata viabilità necessaria per raggiungere la meta: in tal caso, è possibile collocare più insegne che rechino la semplice dicitura dell’impresa, senza alcun elemento volto a pubblicizzare l’attività produttiva.

Diverso ancora è il caso in cui più insegne di esercizio siano collocate su uno stesso stabile, tutte sul fronte di un tratto autostradale: un’impresa di cuscinetti ne aveva collocate cinque, riportando in evidenza alcuni marchi dei prodotti commercializzati, ma il Consiglio di Stato (sentenza 5586/2013) ha qualificato queste insegne come pubblicitarie e non di esercizio.

Per operare questa distinzione, i giudici ritengono che si debba tener conto dello stato dei luoghi, della dimensione degli impianti, la loro collocazione e l’eventuale presenza di marchi o altri elementi estranei alla denominazione aziendale. Se tutti questi elementi lo consentono, sono possibili più insegne di esercizio, sempre che non sussistano potenziali fonti di distrazione e di pericolo per la circolazione. Con questa logica, è stata ritenuta pubblicitaria (Consiglio di Stato 4867/2017), e non meramente di esercizio, l’insegna sul tetto di uno stabilimento orientata in modo da essere difficilmente visibile da chi percorresse la viabilità immediatamente adiacente, e nel contempo risultasse ben visibile dall’ adiacente autostrada.

Il principio è che va ritenuta insegna di esercizio quella che risulti installata sulla sede dell’attività per individuare l’azienda nella sua dislocazione fisica, e che non contenga alcun elemento teso a pubblicizzare l’attività produttiva, limitandosi a segnalare la denominazione dell’impresa medesima:, grazie a tale principio, l’Ikea ha potuto collocare più insegne di esercizio per consentire alla clientela di individuare agevolmente il punto di accesso in adiacenza al Raccordo anulare (Tar Lazio 64/2019), mentre minor fortuna (Tar Veneto 1315/2015) ha avuto un’impresa che aveva collocato un’insegna (ritenuta pubblicitaria) su una facciata che non corrispondeva all’entrata dell’esercizio. Un’insegna di esercizio può essere collocata anche sul tetto, ed essere visibile e illuminata (nel caso, si discuteva del marchio Mercedes di 4 mq): secondo i giudici (Tar Lazio, 8878 / 2014), la denominazione dell’impresa (all’epoca, Dailmer-Chrysler) era troppo lunga e di difficile percezione identificativa.

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