Civile

L'obbligo di presenza del giudice nelle udienze civili finisce alla Consulta

di Giovanni Negri

L’obbligo di presenza del giudice in ufficio, nelle udienze civili, finisce davanti alla Corte costituzionale. E non convince neppure il Csm. Il tribunale di Mantova, con ordinanza del 19 maggio, ha infatti rinviato la norma, introdotta in sede di conversione del decreto legge 28/20, alla Consulta, individuando una serie di profili di forte criticità, che vanno dalla manifesta irragionevolezza alla disparità di trattamernto.

Innanzitutto, si pone il problema del rischio di contagio cui il giudice, tra l’altro il solo giudice civile, espone sè stesso e gli altri, nel caso sia asintomatico positivo, vincolandolo a essere presente fisicamente in tribunale.

Inoltre è del tutto assente una considerazione della sostenibilità da parte delle strutture informatiche degli uffici giudizairi del «flusso di dati che verrebbe generato se tutti i magistrati dell’ufficio utilizzassero contemporaneamente la banda internet per svolgere udienza in in videocollegamento da remoto». Un sovraccarico che emerge, afferma l’ordinanza, gi sdalle prime segnalazioni da parte delle sedi giudiziarie, che mettono in evidenza difficoltà di collegamento nelle ore della giornata di maggior traffico.

Irragioneviole poi è prevedere, sempre sulla base del decreto legge 28/20, che il giudicie civile debba andare in ufficio per utilizzare la stanza virtuale di Teams per collegarsi con gli avvocati, le parti, i consulenti. Tutti in collegamento da luoghi diversi dall’ufficio giudiziario, per poi spostarsi, al termine dell’udienza, in un luogo diverso e meno soggetto all’affluso di pubblico, per collegarsi poi di nuovo a Teams con i componenti del collegio per prendere la decisione successiva alla celebrauzone dell’uidenza svolta in uffico, ma da remoto.

Profili di contrasto vengono poi individuati anche in relazione al buon andamento della pubblcia amministrazone, visto che in queste settimane è stato più volte raccomandato, anche sotto forma di circolare della Presidenza del consiglio, il massimo ricorso a forme di lavoro agile che escludano la presenza in ufficio. E tanto più ingiusitificato appare l’obbligo, a tenere conto della diffusione su larga scala del processo telematico.

Anche dal Csm arrivano forti critiche alla disposizione. In un parere votato dal plenum si mette nel mirino un obbligo cha appare «in assoluta controtendenza», per il quale «è difficile individuare la ratio di tale scelta del legislatore(...), non risultando necesaria la presenza del giudice nell’ufficio giudiziario per la celebrazione dell’udienza da remoto».

Infatti, ricorda il Csm, dal momento che nessuna delle parti viene a contatto fisico con il giudice, la presenza fisica di quest’ultimo nell’ufficio giudiziario «non aggiunge nulla quanto alla modalità di espletamento del contraddittorio simultaneo». Una presenza che, oltretutto, non semplifica affatto la gestione dell’udienza da parte del giudice o l’attività degli avvocati, che infatti sono tenuti al rispetto delle medesime regole tecniche, senza che il giudice possa cheidere un intervento qualificato per risolvere eventuali inconvenienti tecnici.

Neppure in termini di funzionalità la presenza del gidice trova giustificazione. L’eventuale assistenza potrebbe essere fornita da remoto con procedure di help desk, direttamente dal domicilio del magistrato; cosa che non riuscirebbero invece a garantire, per le ridotte dimensioni e dotazioni, gli uffici informatici dei tribunali.

Come pure senza ragione è ritenere che con l’obbligo a carico del giudice diventa possibile a parti, avvocati, ausiliari recarsi fisicamente presso l’ufficio giudiziario dove si trova il magistrato. Si tratterebbe di una misura in contrasto con il princpio di distanzaimento e con la linearità dello strumento «che mal si èpresta alla celebrazione di un’udienza “ibrida”, in parte in presenza e in parte da remoto».

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