Civile

L’amministratore che non paga le tasse risarcisce i creditori

di Giovanbattista Tona

L’amministratore che non adempie agli obblighi fiscali risponde di mala gestio in caso di fallimento della società. Questo emerge dalla sentenza del Tribunale di Milano del 13 marzo scorso, che ha accolto la domanda di un curatore che aveva chiesto di condannare gli ex amministratori di una società fallita a risarcire il danno, con diverse modalità derivato ai creditori sociali a causa delle loro inadempienze verso l’Erario.

È il rappresentante legale che ha l’obbligo di provvedere al pagamento delle imposte della società con personalità giuridica. Egli non ne è personalmente responsabile sul piano patrimoniale e, in base all’articolo 7 del decreto legge 269 del 2003 convertito dalla legge 362 del 2003, non gli possono essere nemmeno irrogate le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio della società.

È quindi la società a trovarsi colpita dai provvedimenti impositivi che derivano dall’inadempimento degli obblighi commesso dal suo amministratore. Con tutte le conseguenze che questo comporta. Fino all’insolvenza, al fallimento ed eventualmente all’impossibilità per gli altri creditori sociali di soddisfarsi sull’attivo perché le pretese erariali sono assistite da cause di prelazione e possono erodere tutta la massa o la più parte di essa.

Sono questi i due i profili di mala gestio, individuati dal Tribunale di Milano, nel giudizio di responsabilità degli amministratori, promosso dal curatore fallimentare in base all’articolo 147 della legge fallimentare.

La condotta

Il primo riguarda la condotta tenuta dagli amministratori nel periodo in cui la società disponeva di liquidità adeguata per adempiere ai debiti fiscali e tuttavia tali risorse non erano state utilizzate per versare il dovuto all’Erario.

È un’ipotesi di inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e in base al principio posto dall’articolo 2746 comma 1 del Codice civile gli amministratori dovranno rispondere dei danni procurati alla società in ragione dell’inadempimento. Il danno non può essere correlabile all’importo che doveva essere versato (comunque dovuto e come tale da detrarre in ogni caso dall’attivo nella disponibilità della società). Il pregiudizio invece deriva dalle conseguenze del mancato puntuale versamento e va commisurato in riferimento al carico ulteriore che grava sul patrimonio sociale e quindi alle sanzioni, interessi ed aggi addebitati dall’Erario alla società, come liquidati nell’accertamento tributario o nella cartella esattoriale.

La prosecuzione dell’attività

Il secondo profilo di mala gestio viene individuato dal momento in cui, dopo avere accumulato ingenti debiti nei confronti dell’amministrazione finanziaria (rimasti sempre inadempiuti fin dalla sua costituzione), la società aveva perduto il capitale sociale e gli amministratori non avevano provveduto a convocare l’assemblea dei soci secondo l’articolo 2482ter del Codice civile e non avevano adottato le altre necessarie iniziative imposte dalla legge con la delibera della riduzione del capitale e del suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo legale o con la trasformazione della società.

Essi avevano invece proseguito illecitamente l’attività di impresa, non secondo modalità esclusivamente conservative, ma con l’assunzione di nuovo rischio imprenditoriale.

La prosecuzione aveva tra l’altro ulteriormente incrementato i debiti fiscali già maturati.

Nel periodo in cui la società operava in perdita e quindi senza produrre imponibile, la condotta degli amministratori ha arrecato ulteriori danni da identificare nella debitoria erariale post riduzione del capitale sociale ovvero nella misura delle sanzioni, interessi e aggi maturati dal momento in cui si sarebbero dovute assumere le iniziative di cui all’articolo 2482ter del Codice civile fino alla cessazione dalla carica.

Sebbene la somma sia determinata in base agli importi di cui agli atti impositivi, trattandosi di risarcimento del danno e quindi di debito di valore, spettano anche la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata tempo per tempo dal dovuto al saldo effettivo.

Vedi le schede: Il quadro normativo e giurisprudenziale

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