Civile

Mps, confermate sanzioni Bankitalia a ex direttore generale

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Francesco Machina Grifeo

La Cassazione boccia il ricorso dell'ex direttore generale della Banca Monte dei Paschi di Siena, Antonio Vigni, contro le due sanzioni amministrative pecuniarie irrogategli da Bankitalia (provv. n. 316593 del 28 marzo 2013), all'esito dell'ispezione del settembre 2011-marzo 2012, per violazione della normativa in materia di contenimento dei rischi finanziari e per carenze nell'organizzazione e nei controlli interni. Con la sentenza n. 9385 depositata ieri, la Seconda sezione civile conferma quanto già deciso nel novembre 2017 dalla Corte d'Appello di Roma.

Respinti tutti i motivi "procedurali" sollevati da Vigni e centrati su supposti ritardi nelle contestazione di Via Nazionale (il termine fissato dalla Corte è stato rispettato), sul superamento dei termini di conclusione del procedimento amministrativo (la decorrenza si calcola dalla proroga ottenuta da Baldassarri) e sulla mancata trasmissione dei verbali (è corretta la citazione per relationem dell'atto amministrativo). Risulta così definitivamente accertato il quadro delle responsabilità. «Proprio la mancanza di una corretta analisi dei fattori di rischio - si legge -, oltre che l'omessa sistematica utilizzazione delle prove di stress erano elementi che connotavano negativamente l'operato dell'organo esecutivo del direttore generale».

Già nel corso della prima ispezione nel 2010, la Banca d'Italia aveva rilevato «problematiche di liquidità» ed aveva fornito una serie di raccomandazioni, mai seguite da Mps. La situazione era poi precipitata a seguito di «condotte omissive» e «dell'acuirsi della congiuntura negativa» e del «grave deterioramento dei mercati finanziari nel biennio 2010-11». La successiva ispezione, quella che ha dato luogo alle sanzioni, non ha così potuto far altro che rilevare «un marcato degrado dei profili tecnici della banca» e «il sensibile peggioramento del profilo relativo alla liquidità, sfociato nella seconda metà del 2011 in una vera e propria crisi finanziaria». La crisi dunque trovava la sua origine «nella carente azione strategica e manageriale, nonché in iniziative contraddittorie non ispirate a criteri di sana e prudente gestione». Infatti, erano state promosse «azioni di massimizzazione della redditività nel breve periodo, in larga parte estranee all'operatività tipica del gruppo, nonché connotate in termini di rischio e non sostenibili sulla scorta degli usuali parametri di governo e dei correlati presidi di controllo».

La Suprema corte, poi, in continuità con la sentenza n. 8210 de 2016, afferma che «in materia di irrogazione di sanzioni che, pur qualificate come amministrative, abbiano, alla stregua dei criteri elaborati dalla Corte EDU), natura sostanzialmente penale - gli Stati possono scegliere se realizzare le garanzie del giusto processo di cui all'art. 6 della Convenzione EDU già nella fase amministrativa (nel qual caso, nella logica di tale Convenzione, una fase giurisdizionale non sarebbe nemmeno necessaria) o mediante l'assoggettamento del provvedimento sanzionatorio applicato dall'autorità amministrativa (all'esito di un procedimento non connotato da quelle garanzie) ad un sindacato giurisdizionale pieno, di natura tendenzialmente sostitutiva, attuato attraverso un procedimento conforme alle prescrizioni dell'art. 6 della Convenzione».
«Nel secondo caso – spiega la decisione -, non può ritenersi che il procedimento amministrativo sia illegittimo, in relazione ai parametri fissati dall'art. 6 della Convenzione, e che la successiva fase giurisdizionale determini una sorta di sanatoria di tale originaria illegittimità; al contrario, il procedimento amministrativo, pur non offrendo esso stesso le garanzie di cui all'art. 6 della Convenzione, risulta all'origine conforme alle prescrizioni di detto articolo, proprio perché è destinato a concludersi con un provvedimento suscettibile di un sindacato giurisdizionale pieno, nell'ambito di un giudizio che assicura le garanzie del giusto processo».

Corte di cassazione - Sentenza 21 maggio 2020 n. 9385

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