Civile

L'abbandono del tetto coniugale non vale sempre come addebito di separazione

Giampaolo Piagnerelli

In costanza di matrimonio l'abbandono della casa coniugale (indipendentemente dalla presenza o meno di una relazione extraconiugale) costituisce una violazione dell'obbligo matrimoniale salvo la sussistenza di specifiche ragioni.

Con l'ordinanza n. 12241/2020 la Suprema Corte ha affrontato una controversia di separazione dei coniugi in cui il giudice di primo grado non aveva riconosciuto la sussistenza di alcun addebito e aveva stabilito un assegno di mantenimento in favore della moglie nella misura di € 1500,00.

In secondo grado, la Corte di appello, prendendo in esame una serie di elementi, come ad esempio, la circostanza che l'uomo fosse un imprenditore in difficoltà economiche, aveva ridotto la misura dell'assegno a 800 euro.

Impugnata la decisione per cassazione da parte di entrambi i coniugi, il giudice di legittimità li ha rigettati entrambi. In particolare, per quanto concerne la doglianza del marito circa l'abbandono del tetto coniugale da parte della moglie, rilevavano i supremi giudici, in conformità ad altre pronunce, che, pur essendo il volontario abbandono del domicilio coniugale causa sufficiente per l'addebito in quanto porta all'impossibilità della convivenza, tale circostanza non può essere valida allorché l'abbandono della casa da parte di uno dei coniugi, come nel caso specifico, sia intervenuto in un momento in cui l'intollerabilità della convivenza si era già verificata, in conseguenza del comportamento di entrambi i coniugi che si erano rivelati inidonei a costruire un progetto di vita matrimoniale.

Corte di cassazione - Sezione Vi civile - Sentenza 23 giugno 2020 n. 12241

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