Comunitario e Internazionale

Risoluzione controversie, riscossione con più tempo

di Lorenzo Lodoli e Benedetto Santacroce

Restano il raddoppio dei termini ed alcune criticità relative alle sanzioni nella nuova procedura di risoluzione delle controversie in materia fiscale nell'Unione europea.

Lo schema di decreto legislativo di attuazione della direttiva 2017/1852/Ue ha disciplinato le norme relative alle procedure amichevoli o alle altre procedure di risoluzione delle controversie tra l'autorità competente italiana, individuata nell’agenzia delle Entrate, e l'autorità competente dell'altro Stato che derivino dall'interpretazione e dall'applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Vi sono però alcune criticità che è opportuno evidenziare.

È stato stabilito (articolo 19 comma 2) un raddoppio dei termini particolarmente lungo rispetto a quelli previsti dall'articolo 43 Dpr 600/1973, a favore dell'agenzia delle Entrate per procedere ad accertare e riscuotere le imposte rideterminate in esecuzione delle decisioni adottate.

Si tratta, come era stato sottolineato anche dalle Commissioni parlamentari Giustizia e Finanze, di un termine sproporzionato che allunga sino a 12 anni la possibilità di emettere un accertamento in capo al contribuente. La scelta del Legislatore si pone in contrasto con le garanzie di celerità sulla cui base è stata introdotta la nuova procedura la quale stabilisce che se entro due anni dalla presentazione dell'istanza non viene raggiunto un accordo tra le autorità competenti è possibile sottoporre il caso ad una Commissione consultiva.

Novità importante è poi la possibilità di ottenere l'eliminazione della doppia imposizione anche alle ipotesi in cui la controversia fiscale sia già stata oggetto di definizione in via amministrativa (si veda l’articolo 3 comma 2). Sul punto però vi è una criticità in tema di rimborso delle sanzioni. Vi è infatti il rischio di aver introdotto una disparità di trattamento nei confronti del contribuente che abbia usufruito della procedura di adesione e che non potrà ottenere il rimborso delle sanzioni nel caso in cui la pretesa erariale fosse solo parzialmente annullata a seguito delle decisioni adottate dalle autorità competenti. Il comma 3 dell'articolo 19 infatti prevede la possibilità per il contribuente di ricevere il rimborso di quanto versato solo nel caso in cui la pretesa sia stata integralmente annullata. Tale assetto normativo pone un evidente rischio in capo al contribuente che decidesse di definire in acquiescenza o in adesione la pretesa contestata.

Resta infine un dubbio sulle ragioni per le quali, in esito alla rideterminazione del debito a seguito dell'accordo tra le autorità competenti, non sia possibile per il contribuente usufruire della disciplina prevista dall'articolo 2 quater, comma 1 sexies del Dl 564/1994. La norma in esame prevede che in caso di annullamento o revoca parziale dell'atto il contribuente, per definirlo, può avvalersi degli strumenti previsti dal medesimo atto al momento della sua emissione ed alle medesime condizioni. Non convince quanto affermato nella relazione al provvedimento secondo cui l'avviso di accertamento non sarebbe oggetto di valutazione sotto il profilo della legittimità ovvero della fondatezza. La pretesa impositiva viene comunque rideterminata dall'agenzia delle Entrate.

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