Penale

41-bis: no alla richiesta del detenuto di derogare alla regola dei colloqui a distanza di 30 giorni

di Patrizia Maciocchi

La direzione del penitenziario, in nome del diritto preminente alla sicurezza pubblica, può rifiutare la richiesta del carcerato, sottoposto al regime speciale del 41-bis, di derogare alla regola dei trenta giorni di distanza fissati per i colloqui visivi e telefonici con i congiunti. La Corte di cassazione, con la sentenza 23945, accoglie il ricorso del ministero della Giustizia, contro la decisione del tribunale di sorveglianza di accogliere il reclamo del detenuto, respinto invece dal magistrato di sorveglianza. L'uomo, condannato all'ergastolo per reati di mafia e ristretto nel carcere di Viterbo, aveva chiesto di poter vedere i congiunti che arrivavano dalla lontana Sicilia a distanza di un paio di giorni, stabilendo gli incontri alla fine del mese e all'inizio del successivo e dunque in mesi diversi ma in date ravvicinate.

Per il tribunale di sorveglianza la richiesta non poteva essere considerata in contrasto con l'ordinamento penitenziario, che riguarda il numero dei colloqui, uno al mese e la cadenza regolare. La Cassazione accoglie invece il ricorso di Via Arenula dando un peso preminente alla sicurezza pubblica. Motivo principale della necessità di far passare un ampio margine di tempo tra un colloquio e l'altro, sta nell'esigenza di prevenire il rischio che, malgrado i controlli, possano esserci tra i gruppi criminali esterni e sottoposti al 41-bis, flussi informativi costanti. Il tempo è dunque un ostacolo alla veicolazione di eventuali direttive illecite. Per la Suprema corte è escluso anche l'eccesso di potere: l'amministrazione penitenziaria si è mossa in coerenza con i limiti previsti dal regime speciale. Infine i giudici di legittimità sottolineano come nel caso esaminato sia in gioco un legittimo interesse del detenuto e non un diritto soggettivo.

Corte di cassazione – Sezione I – Sentenza 13 agosto 2020 n.23945

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