Professione e Mercato

Bonus mille euro, per i forfettari da rifare il calcolo del calo di reddito

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Ernesto Gatto e Giorgio Gavelli

Si riaprono i calcoli per i professionisti in regime forfettario interessati al bonus da mille euro per il mese di maggio, anticipato dalle Casse professionali in base all’articolo 13 del decreto Agosto e all’articolo 44, comma 2, del Dl 18/2020. Peraltro a pochi giorni dalla scadenza del 14 settembre, data ultima per presentare la domanda per chi non avesse richiesto il bonus a marzo e aprile.

Questo per effetto della risposta (par. 2.1.1) resa dall’agenzia delle Entrate con circolare 25/E del 20 agosto, secondo cui i contribuenti forfettari devono rilevare l’eventuale riduzione del proprio reddito professionale come differenza tra compensi percepiti e spese effettivamente sostenute, con la conseguenza che la misurazione dello scostamento del reddito prescinde dal coefficiente di redditività (78% per i professionisti) previsto dal comma 64 dell’articolo 1 della legge 190/2014 proprio per i forfettari.

Ma finora l’interpretazione prevalente andava in senso contrario, per cui le spese sono state quasi sempre conteggiate forfettariamente e non in base agli importi realmente sostenuti.

I professionisti ordinistici

Anche se la risposta è stata fornita ai professionisti “senza Cassa” iscritti all’Inps, il nuovo orientamento non può lasciare indifferenti i professionisti ordinistici. Vediamo perché e con quali conseguenze.

Per loro il decreto 28 marzo 2020 ha previsto uno “scalino” a 35mila euro di reddito complessivo 2018, al di sotto del quale l’indennità di 600 euro per il mese di marzo era, in pratica, sempre riconosciuta (in presenza degli altri requisiti di legge), mentre per chi si collocava tra i 35 e i 50mila euro, il bonus era ricollegato o alla cessazione o alla riduzione o sospensione dell’attività. E queste ultime erano individuabili con una “comprovata” riduzione di almeno il 33% del reddito del primo trimestre 2020, rispetto al reddito del primo trimestre 2019. A tal fine il reddito è individuato «secondo il principio di cassa come differenza tra i ricavi e i compensi percepiti e le spese sostenute nell’esercizio dell’attività», ossia utilizzando la stessa espressione ora commentata dall’Agenzia (fatta eccezione per l’accenno agli ammortamenti presente al comma 2 dell’articolo 84 del Decreto Rilancio).

Di qui il dubbio che la nuova modalità di calcolo impatti sulla determinazione dei due “paletti” dei 35mila e 50mila euro e la quasi certezza che essa “cambi le carte in tavola” per determinare il calo reddituale. Il problema, naturalmente, si pone anche per i 600 euro del mese di aprile (anticipati dalle Casse in base al decreto 29 maggio 2020 con gli stessi limiti reddituali ma riferiti non più al “reddito complessivo” quanto al “reddito professionale”) e, appunto per i mille di maggio, di cui è già in corso la liquidazione da parte della Casse in automatico ai soggetti già beneficiari nei mesi precedenti, mentre scadrà il prossimo 14 settembre il termine per presentare le domande da parte di chi non ha fruito delle mensilità precedenti.

Le vie d’uscita

Se, come pare, la risposta delle Entrate cambia il metodo di calcolo sono possibili le seguenti situazioni:

1) professionisti che hanno percepito l’indennità in automatico e che scoprono di non averne più diritto, in quanto utilizzando l’importo delle spese reali in luogo del forfait non si realizzano più le condizioni reddituali richieste;

2) professionisti che non hanno presentato domanda perché il calcolo forfettario impediva l’accesso al bonus ma che invece ora vi rientrano considerando le spese effettive.

È impossibile conoscere il numero esatto dei soggetti interessati. Sta di fatto che attualmente non vi è alcun percorso per gestire la restituzione di quanto non spettante nel primo caso e la richiesta della somma a cui si scopre di aver diritto nel secondo.

Di sicuro si tratta dell’ennesimo problema di cui si dovranno far carico le Casse professionali, non nuove a dover gestire, per questo reddito da ultima istanza , repentini mutamenti nei requisiti o nel meccanismo applicativo. Forse questa interpretazione “a sorpresa” delle Entrate era evitabile, considerando peraltro che rende difficili i controlli (non più possibili con l’ausilio dei soli modelli dichiarativi) e presta il fianco a una maliziosa conservazione “mirata” dei documenti utili allo scopo che era meglio non rendere possibile.

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