Civile

Amministratore di sostegno, giudice svincolato dalla Ctu nell'attribuzione dei poteri

Francesco Machina Grifeo

Il giudice tutelare gode di ampi poteri nel determinare le attribuzioni dell'amministratore di sostegno e non è vincolato alle indicazioni fornite dal consulente tecnico. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 4266 depositata ieri, respingendo il ricorso di una donna sottoposta al sostegno, e della di lei nipote, contro il decreto di nomina emesso della Corte di appello (in sede di reclamo, dopo che il Tribunale aveva rigettato la prima richiesta di Ads presentata dal figlio) in favore di un avvocato.

Il Collegio di merito aveva attribuito all'amministratore i «poteri necessari tanto al compimento di tutti gli atti di straordinaria amministrazione finalizzati alla conservazione, gestione e amministrazione del patrimonio della beneficiaria, quanto ad assistere la medesima nel compimento di tutti gli atti di ordinaria amministrazione». Secondo le ricorrenti il decreto era nullo, o comunque illegittimo, perché la Corte, malgrado le conclusioni rassegnate dal Ct suggerissero di «proteggere la signora mediante un provvedimento limitato ai soli atti straordinari e alle decisioni patrimoniali complesse» (e comunque secondo modalità di assistenza e non rappresentanza), «aveva poi stabilito la nomina di un Ads abilitato a rappresentare la beneficiaria per tutte le questioni di straordinaria amministrazione economico/finanziaria», così finendo per sovvertire le conclusioni del perito, «elidendo il diritto di autodeterminazione della beneficiaria senza alcuna motivazione».

Per la Prima Sezione civile, tuttavia, il motivo è da respingere in quanto «il compendio normativo concernente l'amministrazione di sostegno attribuisce ampi poteri ufficiosi in merito al contenuto del decreto di apertura al giudice tutelare, il quale non solo può individuare gli atti bisognosi dell'attività di sostegno e scegliere il regime giuridico a cui assoggettare tale attività nell'ambito dell'alternativa prevista dall'art. 405, co. 5, n. 3 e 4, c.c.», vale a dire assistenza o rappresentanza, «ma addirittura può (ai sensi dell'art. 407. Co. 4, c.c.) in ogni tempo e anche d'ufficio, modificare o integrare le decisioni assunte con il decreto di nomina dell'amministratore di sostegno». Così, prosegue la decisione, la scelta «più restrittiva» per il beneficiario fatta dalla Corte di merito «costituisce l'esercizio di un simile potere officioso», per il quale, prosegue la sentenza, era sufficiente una motivazione «anche di carattere sommario». Correttamente dunque il giudice tutelare dopo aver dato indicazione della soluzione proposta dal consulente d'ufficio, l'ha superata richiamando «ragioni di opportunità nell'interesse della stessa beneficiata». In tal modo facendo un implicito riferimento alle condizioni fisiche e psichiche che giustificavano «un'opzione per la rappresentanza dell'amministratore di sostegno nel compimento di atti di straordinaria amministrazione».

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