Penale

La Cassazione apre alle videochiamate per detenuti al 41 bis

di G. Ne.

Un altro punto a favore del boss Salvatore Madonia nella guerra al 41 bis. L’esponente di Cosa Nostra, ora detenuto nel carcere di Sassari, dopo avere ottenuto a luglio dalla Cassazione il riconoscimento del diritto all’informazione quindi alla lettura dei quotidiani, ora si vede riconosciuto sempre dalla Cassazione il diritto a colloqui via video.

La Corte, infatti, con la sentenza n. 23819 della Prima sezione penale, depositata ieri, ha respinto il ricorso del ministero della Giustizia, con il quale si contestava la decisione del tribunale di sorveglianza di Roma che già aveva aperto al diritto ai colloqui da remoto. Il ministero aveva messo in luce innanzitutto l’assenza di un’espressa disciplina dei video-collegamenti sia per i detenuti in regime ordinario sia per quelli al 41 bis; inoltre, metteva in evidenza l’impugnazione, proprio per i detenuti in massima sicurezza la disciplina attuale prevede che i colloqui possono essere svolti soltanto in presenza, in locali attrezzati e comunque con modalità idonea a impedire lo scambio di oggetti.

La Cassazione tuttavia non è stata di questo avviso , ricordando innanzitutto che i colloqui visivi rappresentano un fondamentale diritto del detenuto alla conservazione della vita familiare e al mantenimento di rapporti con i congiunti più stretti. Diritto che riguarda anche chi è sottoposto a regime di particolare restrizione.

Quanto alle modalità, la sentenza ricorda che legge penitenziaria e regolamento di esecuzione prevedono i colloqui in presenza dell’interlocutore oppure per telefono.

Però, prosegue la Corte, l’evoluzione tecnologica ha reso possibile l’utilizzo di nuove forme di comunicazione a distanza, con collegamenti audio e video che permettono di riprodurre accanto alla voce anche l’immagine (videochiamate).

Già il regime introdotto nel momento più grave dell’emergenza sanitaria, preso atto dell’impraticabilità dei colloqui in presenza, aveva considerato anche il video uno strumento normale di svolgimento, senza distinzioni tra categorie di detenuti.

Ora, la Cassazione, confutando i timori del ministero di ascolti illeciti, ricorda che l’utilizzo della rete intranet dello stesso ministero è in grado di rispondere alle esigenze di sicurezza; di più, l’uso di un’applicazione idonea, peraltro già individuata dalla stessa amministrazione penitenziaria in Skype for business per esempio, permette la registrazione della videochiamata, con la generazione di un file che può essere messo a disposizione della Direzione distrettuale antimafia.

Inoltre la sorveglianza dell’operatore sulla chiamata dovrebbe permettere di interromperne lo svolgimento in caso di comportamenti non consentiti. In un caso poi come quello di Madonia, che lamentava l’impossibilità di potere sentire la moglie, anch’essa allora detenuta, la videochiamata rappresenta l’unica modalità per potere dare attuazione a un diritto altrimenti reso impraticabile per l’impossibilità della modalità in presenza.

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